arrow--linkarrow-calendar--leftarrow-calendar--rightattachmentcalendar-eventclock--outlineclockclose_modal_windowcloud_uploaddeadlinedownloademail--shareemailfacebookfaxgoogle-plus--framegoogle-plusinstagramlink--externallinklinkedinlocationlogo-confcommercio--fidilogo-confcommercio--venezialogo-confcommerciomarker--offmarkerphonepinterestsearch--whitesearchteacherstwitterverifiedyoutube

Comunicazione

Stato d’emergenza…ma torniamo alla Costituzione!

Il 31 luglio prossimo scadrà la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio. Ma a sei mesi da quella prima emergenza, è ancora giustificata una deliberazione dell’Esecutivo per regolare quella che ora dovrebbe essere la gestione di una anomalia fattasi nostro malgrado “cronica”, almeno sinché la scienze mediche non daranno una risposta con un vaccino?

 

Il Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, richiamando l’esigenza di un sindacato parlamentare, ha posto una questione non eludibile dalle Istituzioni ed occasione di riflessione per tutti noi cittadini.

 

Chiediamoci: lo stato d’emergenza può essere proclamato e quindi reiterato dal Governo (potere esecutivo) senza soluzione di continuità, come un “normale” atto, seppure di alta amministrazione? La compressione dei diritti (ma anche dei doveri) sanciti dalla Costituzione, può essere esercitata oltre l’emergenza straordinaria ed impellente dei mesi scorsi, senza il sindacato parlamentare, in nome della superiore tutela della salute pubblica, come sancito dall’art. 32 Cost. e quindi l’art. 117, comma 3 che riparte la responsabilità tra lo Stato e le Regioni e Province autonome ora che il Covid-19 rappresenta una realtà con il quale convivere finché vaccino non ce ne liberi? 

 

In questi mesi la pandemia è stata posto sotto controllo, il che significa anche aver maturato una competenza tecnica di cosa si debba fare, misure eccezionali comprese, nel caso di una sua recrudescenza in futuro. Non siamo più nell’estemporaneità e nell’ignoto di gennaio. Per questo, forse, si dovrebbe rientrare nell’ambito emergenziale perfettamente previsto dalla Costituzione all’art. 77 che disciplina la decretazione d’urgenza, per altro inflazionatissima nella storia della Repubblica, ma che, con un decreto legge, consentirebbe immediatezza d’azione da un lato, ma anche opportuna ponderazione, nei successivi 60 giorni, da parte del Parlamento sulla efficace ed efficiente modulazione delle misure adottate, garantendo un costante monitoraggio del rapporto tra norme eccezionali e garanzie a tutela di tutti i diritti costituzionalmente degni di tutela, dalla libertà di movimento alla libertà economica, alla tutela della salute e consentendo, se occorresse, anche un eventuale sindacato della Corte Costituzionale.

 

Per inciso, va ricordato che è già stata rinviata una complessa stagione elettorale comprendente le consultazioni amministrative, per alcune regioni e un referendum costituzionale. Se dunque, come la scienza e la cautela da questa richiamata a seguito dei riscontri oggettivi che sono sotto gli occhi di tutti, si dovrà ragionare su un nuovo periodo di stato d’emergenza, fatto che non si è mai verificato nella storia Repubblicana dal 1948 ad oggi, forse sarebbe preferibile, allora, assimilare la lotta al Covid 19 ad una vera e propria “guerra sanitaria” non più di breve periodo per la quale si applica per analogia quanto previsto dall’art. 78 Cost. che prevede che sia il Parlamento a definire e a circoscrivere i poteri da affidare al Governo, con ciò garantendo anche il corretto ed opportuno monitoraggio del loro eccezionale esercizio.

 

In fin dei conti l’Italia ripudia la guerra, ma nessuno Stato, ahimè, può ripudiare o respingere una delle più subdole guerre contemporanee, quelle contro virus, malattie, pandemie e le loro conseguenze sulla collettività e la loro governance, effetti dai quali non sono immuni, benché indirettamente, nemmeno le più nobili e solide democrazie del pianeta.

Top