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Partirà nelle prossime ore anche nel Veneziano l’iniziativa di Federazione Moda Italia Confcommercio per richiamare l’attenzione sulle conseguenze di un possibile lockdown o di un coprifuoco anche solo parziale sui negozi di moda, vestiario, calzature accessori. Una provocazione forte per dire che i negozi di moda non vogliono sentirsi "fantasmi" agli occhi delle Istituzioni, e già di per sé l’annunciata pubblicazione del primo Dpcm di novembre sta facendo sentire i suoi effetti.
“Le stime dei mesi scorsi? Oramai superate dai dati drammatici di questi giorni” - è il grido di dolore lanciato da Giannino Gabriel, Presidente metropolitano di Federazione Moda Italia Confcommercio –“e quanto sta accadendo tra i negozi della città metropolitana e in centro storico a Venezia sta diventando un simbolo della situazione disperata: non stiamo soffrendo meno di altri settori e con le ulteriori restrizioni andrà anche peggio”.
Affitti troppo alti che aggravano costi fissi già elevati, come le utenze e le imposte da pagare. “Nel fashion gli acquisti ordinativi si fanno, e in gran parte si pagano pure, anno su anno, comunque non meno di otto mesi prima” – continua Gabriel – “questo significa che i negozi di abbigliamento, scarpe, accessori, si ritrovano anche con magazzini pieni di invenduto che per negozi di fascia medio alta ammontano a diverse centinaia di miglia di euro. Per non parlare di imprese familiari, non grandi catene, che magari hanno metrature rilevanti, anche oltre 2.500 mq per le quali l’invenduto può drammaticamente attestarsi tra i 500 mila e il milione di euro: non stiamo parlando di perdita per qualche articolo, ma di totale dissoluzione del capitale di una azienda”.
Tutta la dinamica che da sempre caratterizza i negozi della moda, tra i comprimari dello shopping e spesso, è saltata per gli stili di vita e di acquisto nei centri storici, strettamente legati anche alle attività dei pubblici esercizi e alle passeggiate in centro storico.
Il Presidente di Federazione Moda Confcommercio Gabriel rincara la dose “Nei centri storici poi, e Venezia è solo l’esempio più eclatante, i canoni di locazioni sono estremamente elevati, con diverse migliaia di euro al mese che non sono più coerenti con un fatturato prossimo allo zero a causa del quasi azzeramento del turismo internazionale, quello che spende di più a cominciare da USA, paesi arabi, inglesi, francesi, tedeschi, giapponesi, cinesi e russi”.
Federazione Moda Italia stima che una perdita complessiva di 20 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda a fine anno, con la chiusura definitiva di 20 mila negozi in Italia e conseguente ricaduta sull’occupazione di oltre 50 mila addetti.
“E questo nel Veneto e nel veneziano sarà particolarmente grave” – ribadisce Gabriel - “perché i negozi delle città sono stati da anni fortemente penalizzati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali, degli outlet, delle catene internazionali”.
Eppure, lamentano i vertici nazionali e locali di Federazione Moda Italia, nonostante questa drammatica flessione, il settore non richiama la dovuta attenzione da parte del Governo. “Siamo fantasmi” – continua Gabriel che si unisce al coro dei colleghi si comparto italiani – “le Istituzioni non si accorgono dei gravi danni subiti dai negozi di moda che vivono di collezioni stagionali ed hanno investito ingenti capitali in prodotti che rischiano di restare fermi sugli scaffali, collezioni che rimarranno definitivamente invendute e per le quali noi dettaglianti ci siamo indebitati con fornitori e banche”.
Da tempo i negozianti del fashion denunciano le conseguenze di tutto questo al Governo: aggravio dei bilanci, credito difficile se non negato, licenziamento. “Le richieste per tentare almeno di salvare negozi ed addetti sono sul tavolo dei ministeri competenti già da mesi” – conclude arrabbiato Gabriel: “Subito contributi certi, a fondo perduto e non prestiti che generano solamente debiti quasi certamente non più solvibili tra poche settimane; inoltre serve una detassazione dei magazzini e almeno un 50% del valore di magazzino invenduto da riportare a credito di imposta”.
E conclude con un appello che si unisce a quello dei colleghi di tutti gli altri settori del commercio e dei servizi alla persona: “Chiediamo quindi subito questi interventi perché, se non ci farà chiudere un intervento di Governo purtroppo ci farà chiudere il mercato”.